il "BIOFEEDBACK" 



Informazioni sul sistema e risultati di un test effettuato su un praticante di Karate Tradizionale.

 

 Il termine biofeedback (di seguito abbreviato come “BFB”) è il risultato della combinazione dei termini inglesi «biological» e «feedback» (retroazione biologica), che esprimono il concetto-base di un sistema in grado di fornire informazioni inerenti ai processi biologici non sufficientemente coscientizzati. 

Dal punto di vista prettamente analitico, si tratta, in una delle forme più semplici, di una apparecchiatura elettronica in grado di monitorare ed analizzare in contemporanea i segnali provenienti da elettrodi applicati sul corpo del soggetto in esame e che vengono riportati ad un elettromiografo, ad un elettrocardiografo, ad un termometro (per le variazioni della temperatura corporea) e ad un misuratore del riflesso psicogalvanico.

 Da tale apparecchiatura ne deriva pertanto la possibilità di acquisire i dati necessari per istruire un metodo atto a riportare il controllo di certi eventi fisiologici mediante l’informazione (feedback) coscientizzata, istantanea, continua, proporzionale, sufficiente e chiara sull’andamento della funzione monitorata, trasformandola in segnali uditivi, visivi, tattili. 

Esso rappresenta quindi una modalità per apprendere ad influire in modo significativo su risposte fisiologiche di due tipi: quelle solitamente fuori dal controllo volontario e quelle che, in genere facilmente controllabili, sono tuttavia sfuggite ai meccanismi regolatori in seguito a una malattia o un evento traumatico. In generale le tecniche di BFB hanno trovato il loro supporto scientifico nell’ambito della cosiddetta “medicina comportamentale” (“Behavioral Medicine”), che applica i principi teorici della teoria cognitivo-comportamentale al campo medico; esse vengono originariamente riferite al “condizionamento operante” di Skinner, per il quale la retroinformazione fornita dall’apparecchiatura induce una modificazione della risposta voluta, anche se attivata casualmente, assumendo nel modello operante dell’apprendimento il carattere di “rinforzo”. 

Il biofeedback elettromiografico (BFB-EMG), maggiormente usato in riabilitazione, ha come obiettivo primario l’acquisizione del controllo volontario della muscolatura striata, attraverso l'uso di apparecchiature elettromiografiche che forniscono al paziente informazioni semplificate e di facile comprensione sullo stato di tensione muscolare. La validità delle tecniche di BFB viene spiegata, secondo la concezione Skinneriana, tramite un’azione facilitante i processi di apprendimento, attraverso la coscientizzazione precisa e immediata di ciò che il paziente sta compiendo. 

Questo gli permette di cogliere la correttezza o meno della risposta attivata o del tentativo realizzato, utilizzando un canale afferenziale integro o preferito nei suoi processi di apprendimento. In caso di deficit afferente propriocettivo, il paziente può recuperare le informazioni mancanti tramite l’utilizzo di altre informazioni, diverse, provenienti da altri canali percettivi. 

Al paziente arrivano quindi due tipi di informazione: una proveniente dalla sensibilità residua della zona in esame, non specifica e inadeguata; la seconda, in parallelo e in tempo reale, facilmente apprezzabile e valutabile nella sue varie caratteristiche, proveniente dagli organi di senso integri, sollecitati dall’apparecchio BFB. La concomitanza delle due informazioni, induce l’assunzione di significato dell’informazione non nota, trasferendola da quella nota. 

L’impostazione Skinneriana, basata sulla realizzazione di legami più o meno meccanici tra stimolo e risposta, inserita tra le teorie associazionistiche dell’apprendimento, è palesemente insufficiente di fronte alla complessità dell’apprendimento umano. Tale modo di operare non sfrutta tutta la potenzialità del BFB motorio, limitandosi a cercare una variazione della tendenza verso determinate risposte. Utilizzando un approccio cognitivo, possiamo attivare dei processi di apprendimento che facilitano l’acquisizione di nuove abilità. Il concetto fondamentale di questo approccio si ritrova nella nozione di “schema”, definito come l’insieme di regole in base alle quali si configura il prototipo di una determinata categoria di movimenti, ed in relazione al quale è possibile conoscere, prevedere, eseguire a seconda del contesto e del risultato desiderato, le innumerevoli varianti del prototipo stesso. Tale entità funzionale si forma con l’adeguata ripetizione, in contesti diversi, di una certa abilità motoria attraverso la memorizzazione e l’organizzazione delle informazioni provenienti dalla esperienza dell’attività stessa. 

Ogni volta che un soggetto realizza un movimento, egli memorizza ed elabora le correlazioni tra quattro parametri fondamentali: 

1. le condizioni iniziali, cioè le informazioni ricevute dai vari canali afferenziali precedentemente alla attivazione della risposta motoria;

 2. le specificazioni di risposta, cioè la precisa definizione dei vari parametri del movimento che consentono di attivare il comportamento motorio desiderato; 

3. le conseguenze sensoriali, cioè le informazioni ricevute durante l’esecuzione della risposta; 

4. il risultato ottenuto. Sulla base delle relazioni tra i quattro fattori, il soggetto inizierà ad astrarre un insieme di regole comuni che porteranno alla formazione dello schema. 

Questo, una volta formatosi, rappresenterà oltre che uno strumento per la rapida attivazione delle relative risposte motorie, la base per l’apprendimento di nuove abilità. In questo modo, una volta che il movimento sia stato eseguito, i feedback provenienti dai diversi apparati recettori vengono confrontati con quelli previsti, il soggetto viene informato sul raggiungimento del risultato desiderato e, in caso di fallimento, le relazioni tra il feedback atteso e quello reale porteranno alla produzione del segnale di errore e quindi alla modificazione dello schema stesso, per la realizzazione di una nuova risposta. 

Nella relazione tra conseguenze sensoriali previste ed effettive e la conoscenza del risultato, si forma il sistema di segnalazione e classificazione dell’errore, cioè la qualificazione immediata, precisa e semplificata dell’errore stesso. È immediatamente evidente come sia proprio la conoscenza del risultato, precisa e obiettiva, la chiave fondamentale per l’apprendimento di nuove abilità motorie; il BFB permette di ripristinare, potenziare, sostituire il “sistema di classificazione dell’errore”. 

Pertanto, è da ritenersi pressoché impossibile apprendere nuove abilità motorie senza la coscientizzazione degli errori e in modo particolare senza una loro precisa valutazione qualitativa e quantitativa; in caso di richieste non precise, queste indurranno risposte altrettanto generiche senza la possibilità di fissare uno schema adeguato, o addirittura affievolendo progressivamente la relativa traccia percettiva. 

 

Applicazioni del Biofeedback in ambito sportivo

 In psicologia dello sport, il BFB è utilizzato per la valutazione delle capacità reattive dell’atleta e per migliorare il controllo di alcuni parametri psicofisiologici. 

Di seguito vengono riportati i risultati relativi ad un test effettuato su di un atleta praticante Karate Tradizionale che ne illustrano alcune potenzialità psicofisiologiche. 

Lo studio è stato pubblicato sul testo «Psicologia dello Sport» Luca terreni, Laura Occhini; Guerini Scientifica Edizioni, Milano 1997.

 Tratto dal testo, pag. 139-142: 

«Il profilo psicofisiologico consente di valutare la reattività dell’atleta allo stress e la sua capacità di recupero, i suoi parametri psicofisiologici più sensibili e quelli labili o lenti in fase di recupero, le abilità di rilassamento e di controllo dell’arousal; inoltre, permette la formulazione di un’ipotesi sull’organizzazione cognitiva dell’atleta, secondo il modello costruttivista (organizzazioni fobiche, ossessive, depressive e dapiche), come già discusso nel medesimo capitolo. 

La procedura standard prevede la registrazione poligrafica di 4 parametri di base: 

1. elettromiogramma (EMG del muscolo frontale); 

2. temperatura periferica (thermal)

3. frequenza cardiaca (HR); 

4. riflesso psicogalvanico (GSR) in condizioni di base (5 min.), di rilassamento (5 min.), di stress aspecifico (3 min.), di recupero dello stress aspecifico (5 min.), di stress specifico (3 min.), di recupero dello stress specifico (5 min.). 

Nel documento n° 2 (soggetto A.C., maschio 34 anni) possiamo osservare, come esempio, il particolare profilo psicofisiologico di un atleta praticante Karate tradizionale ad alto livello. 

Si nota un leggero incremento del GSR e dell’EMG alla chiusura degli occhi [1] durante la prima fase di rilassamento, come se il soggetto rimanesse in attesa di informazioni; questa reazione è associata ad un iniziale decremento della temperatura periferica , che tende verso il recupero ma rimane sempre al di sotto dei 20° C. la frequenza cardiaca oscilla, costantemente intorno ai 60 battiti per minuto. 

Allo stress aspecifico (calcolo numerico complesso) abbiamo una reazione netta, improvvisa e inaspettata [2]; il GSR ha un picco, la frequenza cardiaca varia improvvisamente sui 180 battiti per tornare, dopo circa 6 secondi, sui 40 battiti (il battito normale, circa 60, viene recuperato in 15 secondi) e, mentre l’attività di pensiero è evidenziata dai picchi dell’elettromiogramma (EMG), sembra che il soggetto subisca un improvviso surriscaldamento accompagnato da una fase di raffreddamento. 

Tale reazione è costante fino alla fase del secondo recupero, come se il soggetto si concedesse un vero relax solo dopo essere completamente sicuro di aver terminato il suo compito. 

I valori del GSR, che principalmente indicano lo stato emotivo del soggetto, rimarranno bassi per tutta la durata del primo stress iniziando a salire successivamente in maniera costante e per tutta la durata della sessione. L’attività di pensiero, invece, non verrà più inibita (vedi EMG); nonostante ciò, il ritmo del cuore non avrà più altre variazioni di rilievo, come se il soggetto avesse il pieno controllo della sua frequenza cardiaca. Originale il picco di tutti i valori sotto stress e la “freddezza” che dimostra durante la seconda induzione (ripercorrere verbalmente un’esperienza traumatica); forse è la constatazione dell’assenza di un vero pericolo a fargli concedere una reazione emotiva secondaria [3]. Tale reazione è sottolineata dall’incremento della conduttanza cutanea e dal decremento della temperatura periferica. Al cuore non è concesso di segnalare variazioni. » 

per contattare l’autore bfbitaly@ats.it 

di seguito il tracciato relativo a quanto descritto:





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